Il termine (dal medio persianovičir, "rappresentante") è nato in realtà molto più tardi, per indicare un alto funzionario presso la corte dei vari imperi islamici, presso un califfo, un sultano o un emiro. Nonostante quindi costituisca un anacronismo, il termine viene nondimeno utilizzato e universalmente accettato, in campo archeo-storico, per tradurre l'antico egizioṯaty, termine che indicava, di fatto, il più alto funzionario dell'amministrazione della corte faraonica, secondo solo al sovrano.
La carica, molto antica (risalirebbe alla III dinastia), venne formalmente istituita dal re Snefru della IV dinastia anche se, quanto meno iconograficamente, la figura del visir può già riconoscersi in quello che viene indicato come "porta sandali" nella Tavoletta di Narmer, risalente alla I dinastia.[N 1]
Identificazione della figura del visir
Varie e molteplici sono state, nella millenaria storia dell'Egitto Antico, le figure cui associare l'incarico di visir inteso nel senso moderno del termine. Appare chiaro che non tanto alla denominazione possa farsi riferimento per la diversa interpretazione del termine, quanto più agli incarichi ricoperti laddove questi ufficializzino la posizione di preminenza negli affari di stato propria del funzionario con il più alto grado nella gerarchia faraonica.
La dizione tuttavia oggi maggiormente accettata è quella costituita dal gruppo di titoli t3yty z3b ṯ3ty[2], ovvero taity ḏeb ṯaty per la prima volta attestata in contesto egizio da Heinrich Karl Brugsch[3][N 2]. I tre termini sono traducibili con: ṯaity, "colui che cura la porta (o la cortina)"[N 3]; ḏeb, ovvero "giudice", o comunque un incarico di tipo giuridico;
ṯaty usato da solo a partire dal Medio Regno ad indicare il termine tradotto con visir.
Il primo a tradurre il termine ṯaty con visir fu invece, nel 1887, Eduard Meyer[4] e la prima ricorrenza certa del termine è attestata su un modello di nave in pietra rinvenuto nelle gallerie della Piramide a gradoni di Djoser e fa riferimento a Menka[5] che viene perciò indicato come il primo visir noto. Perché si incontri analogo riferimento si dovrà attendere l'inizio della IV dinastia e il ṯaty/visir Nefermaat (I)[N 4]. Nella stele detta di Huy e Nebet, da Abido[N 5], viene inoltre attestata la titolarietà quale visir di Nebet, suocera del re Pepi I della VI dinastia[6][N 6][7].
Nel corso dei millenni di storia e delle traduzioni da geroglifici, molteplici sono stati i termini tradotti come visir con riferimento, come detto, alle funzioni espletate; talvolta tali termini sono stati usati, con riferimento a una stessa persona, vuoi in contesti differenti, vuoi nella medesima iscrizione[N 7]
Tutti i visir della IV dinastia, fino al regno di Sahura, si fregiarono, tra gli altri, del titolo di "figlio del re" corrispondente, in alcuni casi, all'effettiva discendenza regale; in altri si trattava di un semplice titolo onorifico.
Titolatura di un visir della IV dinastia
A titolo esemplificativo si riporta, nella tabella che segue, l'elenco dei titoli vantati da Kawab, visir durante il regno di Cheope; in questo caso, effettivamente Kawab era figlio del re il che viene sottolineato specificando "figlio del re, del suo corpo":
capo dei preti lettori, prete lettore in carica[N 10]
2860
zȝ nswt
figlio del re
2911
zȝ nswt n ẖt.f
figlio del re, del suo corpo
2912
zȝ nswt smsw
figlio maggiore del re
2913
zȝ nswt n ẖt.f smsw
figlio maggiore del re, del suo corpo
2914
smr wˁty n(y) mrwt
unico compagno
3277
tȝyty zȝb ṯȝty
colui che cura la porta (o cortina), capo della giustizia, visir
3706
wr 10 šmˁ
il più grande dei dieci dell'Alto Egitto
1437
Le incombenze del visir
Le incombenze del ṯaty/visir alla corte faraonica erano molteplici e coprivano un ampio raggio delle attività di governo[N 11]: ricoprendo la carica di "Ministro dell'Interno" e "degli Esteri[N 12]", a lui competeva la responsabilità dei rapporti con i nomarchi, ovvero i governatori delle provincie in cui era suddiviso l'Egitto antico; competevano ancora al visir il reclutamento militare; il censimento della popolazione e dei beni da sottoporre a tassazione; le spartizioni territoriali e il ripristino dei confini delle proprietà resi di difficile individuazione dopo le inondazioni annuali; il comando della polizia; la supervisione sulle corporazioni dei lavoratori; il ricevimento delle delegazioni straniere, come peraltro dimostrato anche dalle molte rappresentazioni parietali delle Tombe dei Nobili della Necropoli di Tebe[N 13].
Per diffondere le sue disposizioni, si avvaleva di uput, ovvero messaggeri, che erano, tuttavia, suoi veri e propri emissari e ispettori per i territori più lontani.
Come "Ministro della Giustizia" presiedeva la corte Suprema e diversi Consigli dei Funzionari.
In qualità di "Direttore delle Finanze", riceveva ogni mattina il "Custode dei Sigilli" che gli rendicontava la gestione del tesoro e dei tributi, anche provenienti dai Paesi vassalli o con cui, comunque, l'Egitto aveva rapporti economici, ricevuti.
Dato il potere, le enormi responsabilità e il rigido protocollo che doveva sempre seguire, era considerato "sapiente tra i sapienti" e, specie nell'Antico Regno, veniva scelto tra i parenti più prossimi del regnante (figli, fratelli, nipoti). Durante il Nuovo Regno la possibilità di potersi candidare si estese anche ai funzionari che si fossero dimostrati particolarmente dotati e che avessero salito la scala gerarchica rapidamente grazie alle proprie qualità; in questo frangente presero piede, peraltro, i "profeti"[N 14] di Amon, ovvero i sacerdoti di massimo grado della divinità. Nello stesso periodo si ebbero talvolta due visir, uno per il Basso e l'altro per l'Alto Egitto.
A dimostrazione dell'importanza e del prestigio goduto dai visir, in ogni momento della Storia dell'antico Egitto, si consideri la figura di Imhotep che servì sotto il re Djoser della III dinastia: fu anche architetto (sua la progettazione e la costruzione della Piramide a Gradoni a Saqqara) e raggiunse il culmine della sua gloria nel Periodo Tardo (circa 600 a.C.) quando fu divinizzato come dio guaritore tanto da essere assimilato ad Asclepio e, con il nome di Imuthes, fu considerato figlio di Efesto e di una donna mortale (Khrotianakh).
Considerata una figura della massima importanza anche sotto il profilo sapienziale, quale "sapiente tra i sapienti", veniva data particolare importanza ai cosiddetti insegnamenti derivanti dai visir; famosi sono quelli del visir Ptahhotep[11][N 15]., della V dinastia, rivolti al figlio Akhethotep,a sua volta visir, tra i quali si legge:
«Non ti inorgoglire per quello che sai e non fondare la tua sicurezza sulla tua istruzione. Accetta i consigli dell'ignorante come del sapiente. Nessuno giunge all'apice della propria arte, nessun artista attinge alla perfezione. Un saggio proposito è più raro di una pietra preziosa, ma si può imparare anche dai servi costretti alla mola»
Negli elenchi che seguono sono riportati i nominativi di personaggi che, indipendentemente dall'epiteto usato, sono stati nel tempo identificati come "visir".
suocera di Pepi I e prima donna a ricoprire l'incarico di visir; perché si abbia un'altra donna con tale incarico si dovrà attendere la XXVI dinastia[51]
^Nel suo "Egyptian Studies III Varia Nova", l'egittologo statunitense Henry George Fischer avanzò l'ipotesi, accettata in ambito accademico, che il titolo assegnato a Nebet fosse esclusivamente di tipo onorifico e che i poteri fossero, in realtà, devoluti al marito Huy.
^I termini più attestati (traslitterati), in tal senso sono:
jrj pˁt
smr wˁty
hry-tp nzw.t
jmy-r ḥw.t wr.t
jmy-r k3.t nb.t
jmy-r prwy-ḥḏ
jmy-r šmˁw
jmy-r zs ' nzwt
jmy-r snwty
ˁȝ dwȝw
ḥȝty-ˁ
sdȝwty bjty
wr 5 pr dḥwty
^IL geroglifico aker, che rappresenta l'orizzonte, comprende, nella sua rappresentazione artistica, due leoni (là ove nel geroglifico si trovano due montagne) tra loro di spalle; al centro sorge il sole. Tali leoni sono Sef (ieri) e Duau (oggi).
^Il termine indica un particolare tipo di medico, denominato anche "incantatore di Selket", "colei che fa respirare la gola" con riferimento ai problemi respiratori causati dai morsi di animali velenosi. Le ricerche archeologiche hanno consentito di identificare circa quaranta kherep Selket, ovvero "capo di Selket", ma solo dodici sa-Selket, "figlio di Selket", la cui funzione medica non è stata bene individuata.
^Era compito dei preti "lettori" l'organizzazione delle cerimonie e la recitazione ad alta voce, durante le cerimonie sacre, degli inni previsti. Proprio per tale conoscenza delle invocazioni giuste e corrette, i "lettori" venivano considerati detentori di poteri magici.
^Le incombenze che seguono sono ricavate dall'autobiografia esistente nella tomba TT100 del visir Rekhmira.
^Vengono linkate figure ministeriali della repubblica italiana solo a scopo prettamente indicativo.
^Al contrario di quel che si potrebbe credere, il termine "profeta" non implicava funzioni divinatorie o profetiche giacché deriva, di fatto, dalla traduzione del termine Hem-Netjer egizio, ovvero "servo del Dio".
^L'opera di Porter & Moss, "Topographical Bibliography of Ancient Egyptian Hierogliphic texts, reliefs, and paintings", presa in considerazione per la stesura della voce è così ripartita:
Vol. I, parte a., "The Theban Necropolis: private tombs", ed. 1960, da pag. 1 a pag. 494;
Vol. I. parte b., "The Theban Necropolis: royal tombs and smaller cemeteries", ed. 1964, da pag. 495 a pag. 887;
Vol. II, "Theban Temples", ed. 1972, da pag. 1 a 586;
Vol. III, parte a., "Memphis: Abu Rawash to Abusir", ed. 1974, da pag. 1 a pag. 392;
Vol. III, parte b., "Memphis: Saqqara ti Dashur", ed. 1981, da pag. 393 a pag. 1014;
Vol. IV, "Lower and Middle Egypt: Delta and Cairo to Asyut", ed. 1968, da pag. 1 a pag. 252;
Vol. V, "Upper Egypt sites: Deir Rifa to Aswan, excluding Thebes and the temples of Abydos, Dendera, Esna, Edfu, Kom Ombo and Philae, ed. 1962, da pag. 1 a pag. 292;
Vol. VI, "Upper Egypt chief Temples: Excluding Thebes: Abydos, Dendera, Esna, Edfu, Kom Ombo and Philae", ed. 1991, da pag. 1 a pag. 264;
Vol. VII, "Nubia, the Deserts and outside Egypt", ed. 1975, da pag. 1 a pag. 475.
^I numeri romani tra parentesi accanto ad alcuni nomi non hanno valore di collocazione temporale, ma servono a differenziare casi di omonimia.
^Eventuali nomi tra parentesi indicano altri nominativi, o nomignoli, con cui i visir venivano chiamati e riportati in testi o rilievi parietali.
^Stele n.ro 8 di Uni in una cava di ametista, con cui un re (molto verosimilmente Sesostri I, ma la stele è molto danneggiata) dà incarico al "responsabile della città, il visir e principe, responsabile delle sei grandi corti, Antefoqer" di procedere al trasporto delle ametiste.
^La "Stele giuridica" venne rinvenuta nel 1927 durante lavori di consolidamento della Sala Ipostila del tempio di Karnak e reca gli atti di un procedimento civile per mancata restituzione di un debito.
^abcdePorter e Moss, Topographical Bibliography of Ancient Egyptian Hierogliphic..., Oxford, Griffith Institute (se non specificato diversamente, le pagine fanno riferimento al Vol. I, parti a. e b. che presentano numerazione pagine progressiva)
^Porter & Moss, vol I/b, p. 571 e vol III/b, p. 914.
^Porter & Moss, vol III/b, rispettivamente pp. 196, 155, 183, 148. La figura di Imhotep non è strettamente identificabile come visir, benché le mansioni svolte e citate nelle biografie esistenti lo indichino come tale.
a cura di Christian Jacq, L'insegnamento del saggio egizio Ptahotep, Milano, Mondadori, 1997, p. 158, ISBN8804442468.
a cura di Massimo Jevolella, I papiri della sapienza: insegnamenti dell'Antico Egitto, Milano, Boroli, 2003, p. 112, ISBN8874930127.
Cyril Aldred, Gli Egiziani - tre millenni di civiltà, (I edizione originale: The Egyptians, Thames and Hudson, Londra, 1961), Roma, Newton & Compton, 1966, ISBN88-8183-281-X.
(EN) Bertha Porter e Rosalind L.B. Moss, Topographical Bibliography of Ancient Egyptian hierogliphic texts, reliefs, and paintings., Oxford, Oxford at the Clarendon Press.
(EN) Alan Gardiner, Egyptian Grammar; Being an Introduction to the Study of Hieroglyphs, 3ª edizione, Oxford, Oxford: Griffith Institute, Ashmolean Museum., 1957, ISBN0 900416 351.
(EN) Alan Gardiner, Professional Magicians in Ancient Egypt, Londra, Society of Biblical Archaelogy, 1917.
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(DE) Jürgen von Beckerath, Untersuchungen zur politischen Geschichte der Zweiten Zwischenzeit in Ägypten, Glückstadt, 1964.
(DE) Jürgen von Beckerath, Chronologie des pharaonischen Ägyptens in Münchner Ägyptologische Studien n.ro 46, Mainz am Rhein, 1997.