Renzo Chierici
Renzo Chierici (Reggio Emilia, 11 gennaio 1895 – Treviso, 19 dicembre 1943) è stato un generale e prefetto italiano, capo della Polizia per un breve periodo nel 1943. BiografiaFiglio del noto pittore reggiano Gaetano Chierici e di Annita Parmiggiani, fu in un primo momento denunciato all'ufficio anagrafe come Renzo Gorgeri, in quanto i genitori non erano sposati e la madre non volle comparire nell'atto. Soltanto alcuni mesi dopo, con atto notarile, fu regolarizzato con il cognome paterno[1]. Arruolatosi nel Regio Esercito durante la prima guerra mondiale, terminò il conflitto con il grado di capitano[2]. Legionario fiumano, laureatosi in giurisprudenza si iscrisse nel 1920 al Partito Nazionale Fascista. Console della Milizia volontaria sicurezza nazionale. Il 25 ottobre 1920 sposò a Firenze la nobildonna Maria Carbonaro[1], da cui avrà nel 1921 un figlio di nome Gaetano Paolo e nel 1924 una figlia di nome Maria Diana Iolanda (chiamato comunemente Marina)[1]. Nel 1926 passò alla Milizia forestale e fu promosso console generale. Nel 1929 divenne segretario federale del PNF di Ferrara.[3] Fu nominato Prefetto di Pescara (luglio 1935 - agosto 1939) e di Pola nel 1939, rimanendo in carica fino al dicembre 1941[4]. Il 5 dicembre 1941 viene nominato comandante della Milizia forestale col grado di luogotenente generale[5]. Il 14 aprile 1943 venne nominato da Benito Mussolini capo della polizia, ma all'indomani del 25 luglio, dopo la destituzione del Duce, dovette cedere il posto proprio al suo predecessore Carmine Senise: Chierici si mise a sua disposizione. Essendo amico del prefetto napoletano e non ostile all'ordine del giorno Grandi, Chierici venne reintegrato da Pietro Badoglio nel grado di tenente colonnello con l'affidamento del comando di un battaglione di alpini in Alto Adige.[4] Dopo l'8 settembre 1943 venne arrestato a Roma dai nazisti, che lo consegnarono alle autorità della RSI. Imprigionato e accusato di tradimento, doveva essere sottoposto a un processo; morì a Treviso il 19 dicembre 1943, durante la prigionia, in circostanze misteriose. Lo scrittore Paolo Monelli, riportò che Chierici durante la sua prigionia si era lamentato del freddo e gli venne fornito un braciere contenente una bomba, che scoppiò e lo fece a pezzi.[6] Un'altra versione è da un presunto prigioniero che dichiarò di essere stato testimone di omicidio, avendo visto il braccio dell'attentatore con le mostrine di carabiniere, sparare attraverso le sbarre della cella.[7] Note
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