Lingue osco-umbre
Le lingue osco-umbre (o lingue italiche orientali) sono una famiglia linguistica indoeuropea attestata nell'Italia continentale da metà del I millennio a.C. ai primi secoli del I millennio d.C. Parlate dai popoli osco-umbri, sono dette anche lingue sabelliche[1]. Il rapporto con le "lingue italiche"In passato si è ritenuto che le lingue osco-umbre costituissero un ramo di una famiglia indoeuropea più ampia, quella delle lingue italiche, composta anche dal latino, dal falisco e da altre lingue affini e parallela a quella celtica o germanica; caposcuola di questa ipotesi è considerato Antoine Meillet (1866-1936)[2]. A partire dall'opera di Alois Walde (1869-1924), però, questo schema unitario è stato sottoposto a critica radicale; decisive, in questo senso, sono state le argomentazioni addotte da Vittore Pisani (1899-1990) e, in seguito anche da Giacomo Devoto (1897-1974), che ha postulato l'esistenza di due distinti rami indoeuropei nei quali è possibile inscrivere le lingue italiche. Variamente riformulate negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, le varie ipotesi relative all'esistenza di due diverse famiglie indoeuropee si sono definitivamente imposte, anche se i tratti specifici che le separano o che le avvicinano, nonché i processi esatti di formazione e di penetrazione in Italia, restano oggetto di ricerca da parte della linguistica storica[3]. Le lingue e i dialetti osco-umbriLe lingue e dialetti osco-umbri dei quali si è conservata testimonianza erano:
Nel loro insieme, i dialetti osco-umbri sono indicati come dialetti sabellici; di alcuni di essi, a causa dell'esiguità delle testimonianze, non è stato possibile testimoniare il sottoinsieme dialettale:
Note
Bibliografia
Voci correlateCollegamenti esterni
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